Tutti gli esseri umani hanno diritto all’anima divina, non solo gli Yahùd!
Ank, il soffio vitale d’Aton, Figlio di Ra, il suo Spirito Santo, sarà trasmesso ad ogni cellula uomo. Allora tutti quelli che avranno l’albero della vita originario, fin dall’inizio del mondo, saranno mutati in un lampo, leveranno le mani al cielo per giurare e confermare il patto dell’alleanza con gli Elòim Creatori.
Ank, il soffio vitale d’Aton, Figlio di Ra, il suo Spirito Santo, sarà trasmesso ad ogni cellula uomo. Allora tutti quelli che avranno l’albero della vita originario, fin dall’inizio del mondo, saranno mutati in un lampo, leveranno le mani al cielo per giurare e confermare il patto dell’alleanza con gli Elòim Creatori.
Funerali da re
Sabato 6 febbraio 1960. Ore 07.00
Era affatto accecante quel pallido sole, arrivato forse da Lione. La luce tremolava sui tetti dell’antico Borgo Vanchiglia e la Mole Antonelliana emergeva da una leggera nebbiolina, di là da Corso San Maurizio.
I quotidiani del mattino davano ampio spazio all’avvenimento, di cui si parlava da giorni: la tragica, fatale, scomparsa del grande Fred Buscaglione.
La strada era affollata, nonostante fosse ancora presto. Via Eusebio Bava era percorsa da un fiume di persone che si dirigeva verso il numero civico 26 bis. Era un alto palazzo anonimo, moderno, piccolo borghese, coperto di mattonelle di finta pietra grigiastra, incassato tra le altre case, nobili e antiche. Una vera stonatura da ricostruzione postbellica per quel quartiere. Sul vicino orizzonte svettavano le guglie neo gotiche della Chiesa di Santa Giulia. Piccolo duomo proleatario. La gente si accalcava per assicurarsi un posto in prima fila e vedere gli artisti, arrivati da ogni dove: Wanda Osiris, Johnny Dorelli, Marino Barreto, Gino Latilla, Carla Boni, Flo Sando’s, Cinico Angelini, il professor Mariannini, Nunzio Filogamo, Mike Buongiorno, Natalino Otto, Domenico Modugno…
Nel salotto buono di velluto scuro, appartamento piccolo borghese, un uomo seduto in poltrona, poggiò delicatamente il braccio meccanico del giradischi sul 45 giri. Una melodia triste, una voce roca: “Ci vediamo al fondo di un bicchiere, illusione che non so dimenticare, ogni notte ti devo ritrovare, nel mio cielo popolato di bar...”
La testa fra le mani, il vecchio amico, vestito a lutto, seguiva pensieroso la musica e le parole che egli stesso aveva scritto: “Ci vediamo al fondo di un bicchiere, voglio perdermi e sognare, fino a quando può brillare, tristemente l'orizzonte d’ogni bar...”
I grandi tendoni alle finestre impedivano alla luce viva di aggredire la stanza, che restava immersa nella penombra. Ascoltava la voce calda di Fred Buscaglione e si domandava perché il ragazzo di Borgo Vanchiglia avrebbe dovuto lanciare la sua Ford nuova contro il cofano di un camion. Era sobrio, in quella notte romana. Arrivava da Via Paisiello e si dirigeva verso Via Bertolini: per chi giungeva da Viale Margherita era impossibile non vedere una Thunderbird rosa shocking! Eppure, nei pressi dell’incrocio dove Via Rossini diventa viale Aldrovandi, quel camion Lancia Esatau diretto a Villa Borghese, non si era fermato. I due veicoli avevano finito la corsa davanti al marciapiede di Villa Torriani, l’ambasciata americana, dove sventolava la bandiera a stelle e strisce.
Fred aveva cercato di frenare e sterzare, più volte, ma i comandi non rispondevano. Dettagli inutili per i mezzi d’informazione. Nessuno sembrava disposto a sostenere l’ipotesi di un incidente simulato. All'apice della sua splendida carriera, la morte lo aveva ghermito a Roma, in una strada dei Parioli, alle sei e venti di quel freddo mercoledì 3 febbraio 1960. Fred era stramazzato mille volte a terra, trafitto dai proiettili delle sue bambole. Era stato fulminato dal fucile di madamin Teresa e messo al tappeto dai ganci di splendide sventole, modello centrotre.
Si era sempre rialzato, ridendo tonante, senza mettere in pericolo l’equilibrio della sigaretta, inchiodata all’angolo della bocca. Il grande Fred, che ormai viveva eternamente in quel disco, concluse: “… ci vediamo al fondo di un bicchiere, fino a quando l'alba in cielo tornerà, e nell'alba disperata, sarà triste rincasare per attendere la notte che verrà, e poterti ritrovare al fondo di un bicchiere, nel cielo dei bar.” Il braccio meccanico si fermò producendo un deciso clic.
L'uomo si alzò dalla poltrona, sospirando, per dirigersi al balcone, paludato da impegnativi tendaggi teatrali. Aprì le imposte ed uscì. Il vociare di migliaia di persone venute a rendere omaggio al re dello swing era assordante: soltanto le esequie del Grande Toro potevano competere con il funerale di Fred.
Il telefono trillò con insistenza: "Nancy Cooley? Certo che mi ricordo di lei, come posso dimenticare una ragazza tanto affascinante, e Jimmy come se la passa? Ha trovato un ingaggio?”
”Non possiamo venire al funerale”, disse Nancy.
“Non si preoccupi: Fred vi stimava molto.”
"L'abbiamo incontrato mercoledì sera, prima dell'incidente, alla Taverna degli Artisti di Via Margutta. Abbiamo parlato, cercando di tirarlo un po’ su. Era tormentato perché sua moglie non ne voleva più sapere, ma soprattutto continuava a chiedersi se avrebbero smesso di perseguitarlo per il segreto…”
"Quale segreto, cara? Negli ultimi tempi i suoi crucci erano le liti con Fatima e la solitudine di sua madre, Ernestina. E’ vedova da poco più di un anno." "Loro non c'entrano. Non si è ammazzato per questo e non ha neppure perso il controllo della macchina perché era ubriaco. L’altra sera ha bevuto solo mezzo bicchiere di vino...”
“Posso crederlo: la gastrite non gli dava tregua.” “Il motivo è un altro. Mi spiace che Fred non le abbia mai detto niente; meglio così.”
“Che cosa avrebbe dovuto dirmi, signorina?”
“Fred condivideva con Jimmy e me la custodia di letali reperti archeologici, che adesso sono al sicuro.” "La smetta di parlare per enigmi: non capisco…”
“Non può capire, ma le assicuro che ormai la responsabilità gli pesava troppo. L’hanno eliminato, altro che fatalità!"
“Un attentato?”
“Sì, non ha consegnato quello che cercavano: il sindacato è affezionato alla vendetta e nei momenti difficili adora l’eliminazione dei testimoni. I mostri continueranno la caccia, senza fermarsi di fronte a nulla. Nessun viaggio è troppo lungo e nessun luogo troppo lontano, per scovare il tesoro.”
“A ben pensarci… Nando era stranissimo nelle ultime settimane. Allora, dobbiamo vederci, così mi racconta i particolari."
"La contatteremo, ma se anche noi dovessimo avere un incidente, stia certo che qualcuno l’avrà provocato. Non crederanno mai che una parte del segreto sia ormai sepolta a Torino.”
"Va bene, fate attenzione... a presto, Nancy”.
Era affatto accecante quel pallido sole, arrivato forse da Lione. La luce tremolava sui tetti dell’antico Borgo Vanchiglia e la Mole Antonelliana emergeva da una leggera nebbiolina, di là da Corso San Maurizio.
I quotidiani del mattino davano ampio spazio all’avvenimento, di cui si parlava da giorni: la tragica, fatale, scomparsa del grande Fred Buscaglione.
La strada era affollata, nonostante fosse ancora presto. Via Eusebio Bava era percorsa da un fiume di persone che si dirigeva verso il numero civico 26 bis. Era un alto palazzo anonimo, moderno, piccolo borghese, coperto di mattonelle di finta pietra grigiastra, incassato tra le altre case, nobili e antiche. Una vera stonatura da ricostruzione postbellica per quel quartiere. Sul vicino orizzonte svettavano le guglie neo gotiche della Chiesa di Santa Giulia. Piccolo duomo proleatario. La gente si accalcava per assicurarsi un posto in prima fila e vedere gli artisti, arrivati da ogni dove: Wanda Osiris, Johnny Dorelli, Marino Barreto, Gino Latilla, Carla Boni, Flo Sando’s, Cinico Angelini, il professor Mariannini, Nunzio Filogamo, Mike Buongiorno, Natalino Otto, Domenico Modugno…
Nel salotto buono di velluto scuro, appartamento piccolo borghese, un uomo seduto in poltrona, poggiò delicatamente il braccio meccanico del giradischi sul 45 giri. Una melodia triste, una voce roca: “Ci vediamo al fondo di un bicchiere, illusione che non so dimenticare, ogni notte ti devo ritrovare, nel mio cielo popolato di bar...”
La testa fra le mani, il vecchio amico, vestito a lutto, seguiva pensieroso la musica e le parole che egli stesso aveva scritto: “Ci vediamo al fondo di un bicchiere, voglio perdermi e sognare, fino a quando può brillare, tristemente l'orizzonte d’ogni bar...”
I grandi tendoni alle finestre impedivano alla luce viva di aggredire la stanza, che restava immersa nella penombra. Ascoltava la voce calda di Fred Buscaglione e si domandava perché il ragazzo di Borgo Vanchiglia avrebbe dovuto lanciare la sua Ford nuova contro il cofano di un camion. Era sobrio, in quella notte romana. Arrivava da Via Paisiello e si dirigeva verso Via Bertolini: per chi giungeva da Viale Margherita era impossibile non vedere una Thunderbird rosa shocking! Eppure, nei pressi dell’incrocio dove Via Rossini diventa viale Aldrovandi, quel camion Lancia Esatau diretto a Villa Borghese, non si era fermato. I due veicoli avevano finito la corsa davanti al marciapiede di Villa Torriani, l’ambasciata americana, dove sventolava la bandiera a stelle e strisce.
Fred aveva cercato di frenare e sterzare, più volte, ma i comandi non rispondevano. Dettagli inutili per i mezzi d’informazione. Nessuno sembrava disposto a sostenere l’ipotesi di un incidente simulato. All'apice della sua splendida carriera, la morte lo aveva ghermito a Roma, in una strada dei Parioli, alle sei e venti di quel freddo mercoledì 3 febbraio 1960. Fred era stramazzato mille volte a terra, trafitto dai proiettili delle sue bambole. Era stato fulminato dal fucile di madamin Teresa e messo al tappeto dai ganci di splendide sventole, modello centrotre.
Si era sempre rialzato, ridendo tonante, senza mettere in pericolo l’equilibrio della sigaretta, inchiodata all’angolo della bocca. Il grande Fred, che ormai viveva eternamente in quel disco, concluse: “… ci vediamo al fondo di un bicchiere, fino a quando l'alba in cielo tornerà, e nell'alba disperata, sarà triste rincasare per attendere la notte che verrà, e poterti ritrovare al fondo di un bicchiere, nel cielo dei bar.” Il braccio meccanico si fermò producendo un deciso clic.
L'uomo si alzò dalla poltrona, sospirando, per dirigersi al balcone, paludato da impegnativi tendaggi teatrali. Aprì le imposte ed uscì. Il vociare di migliaia di persone venute a rendere omaggio al re dello swing era assordante: soltanto le esequie del Grande Toro potevano competere con il funerale di Fred.
Il telefono trillò con insistenza: "Nancy Cooley? Certo che mi ricordo di lei, come posso dimenticare una ragazza tanto affascinante, e Jimmy come se la passa? Ha trovato un ingaggio?”
”Non possiamo venire al funerale”, disse Nancy.
“Non si preoccupi: Fred vi stimava molto.”
"L'abbiamo incontrato mercoledì sera, prima dell'incidente, alla Taverna degli Artisti di Via Margutta. Abbiamo parlato, cercando di tirarlo un po’ su. Era tormentato perché sua moglie non ne voleva più sapere, ma soprattutto continuava a chiedersi se avrebbero smesso di perseguitarlo per il segreto…”
"Quale segreto, cara? Negli ultimi tempi i suoi crucci erano le liti con Fatima e la solitudine di sua madre, Ernestina. E’ vedova da poco più di un anno." "Loro non c'entrano. Non si è ammazzato per questo e non ha neppure perso il controllo della macchina perché era ubriaco. L’altra sera ha bevuto solo mezzo bicchiere di vino...”
“Posso crederlo: la gastrite non gli dava tregua.” “Il motivo è un altro. Mi spiace che Fred non le abbia mai detto niente; meglio così.”
“Che cosa avrebbe dovuto dirmi, signorina?”
“Fred condivideva con Jimmy e me la custodia di letali reperti archeologici, che adesso sono al sicuro.” "La smetta di parlare per enigmi: non capisco…”
“Non può capire, ma le assicuro che ormai la responsabilità gli pesava troppo. L’hanno eliminato, altro che fatalità!"
“Un attentato?”
“Sì, non ha consegnato quello che cercavano: il sindacato è affezionato alla vendetta e nei momenti difficili adora l’eliminazione dei testimoni. I mostri continueranno la caccia, senza fermarsi di fronte a nulla. Nessun viaggio è troppo lungo e nessun luogo troppo lontano, per scovare il tesoro.”
“A ben pensarci… Nando era stranissimo nelle ultime settimane. Allora, dobbiamo vederci, così mi racconta i particolari."
"La contatteremo, ma se anche noi dovessimo avere un incidente, stia certo che qualcuno l’avrà provocato. Non crederanno mai che una parte del segreto sia ormai sepolta a Torino.”
"Va bene, fate attenzione... a presto, Nancy”.