Tutti gli esseri umani hanno diritto all’anima divina, non solo gli Yahùd!
Ank, il soffio vitale d’Aton, Figlio di Ra, il suo Spirito Santo, sarà trasmesso ad ogni cellula uomo. Allora tutti quelli che avranno l’albero della vita originario, fin dall’inizio del mondo, saranno mutati in un lampo, leveranno le mani al cielo per giurare e confermare il patto dell’alleanza con gli Elòim Creatori.
Ank, il soffio vitale d’Aton, Figlio di Ra, il suo Spirito Santo, sarà trasmesso ad ogni cellula uomo. Allora tutti quelli che avranno l’albero della vita originario, fin dall’inizio del mondo, saranno mutati in un lampo, leveranno le mani al cielo per giurare e confermare il patto dell’alleanza con gli Elòim Creatori.
Jam session
Giovedì 31 dicembre 1959. Ore 22.45.
“In una polvere di stelle vedo te, dolce sogno del mio cuor, astro d’or fulgido sei tu, bambina dai begli occhi blu…”, cantava slowly l’ottimo jazzista, dietro ad un massiccio microfono quadrato. L’ultimo chiarore del freddo giorno torinese s’era spento e la vasta terrazza del Florida Garden Roof, risuonava di swing, come d’estate. In Piazza Solferino, al quindicesimo piano del grattacielo splendevano le luci della ribalta; una pazzia alla Fred, quel giardino d’inverno, per celebrare l’arrivo di un amico d’oltreoceano.
Gli Asternovas, fenomenale reparto swing del grande Buscaglione, erano al completo. Jimmy Dash, jazzista americano di Davenport in trasferta, sorrideva sornione e beveva un bourbon di gran marca, ammirando la sua pupa, la piccola Nancy, che ballava con Fred. L’anno nuovo, il favoloso 1960, stava per iniziare in perfetto orario, accolto da un fondale di gran lusso: luci soffuse, sedie e tavolini eleganti, dondoli estivi, tovaglie bianche, bancone carico d’ogni bene, caviale, ostriche, champagne, tartufi… camerieri impeccabili e grandi bracieri per riscaldare il terrazzo.
Nancy frusciava nel suo vestito di chiffon e ruotava come una sufi portata dal vento armonico, mentre il vocalist di turno continuava: “… sei tutta adorna di riflessi e di splendore che fanno palpitare il cuor con tanto ardor, sì con tanto ardor…”
Si appartarono in un angolo, vicino al bar. “Ti costerà una bella cifra”, stabilì Jimmy in un sussurro, avvicinandosi alla coppia danzante.
“Il padrone del night club mi deve un paio di favori, e poi, Jimmy, adesso me ne frego dei soldi”, disse Fred, continuando a cingere teneramente la vita di Nancy, “sapete quanto guadagno?”
“No”, sibilò la ragazzina.
“La miseria è passata da un pezzo; solo per i concertini… due milioni a serata. In media faccio venticinque serate ogni mese”.
“Bags of money, Fred! Shit, I’ve missed the train! - Quanta lira, Fred! Merda, io ho perso il treno! - ”, sintetizzò Jimmy, pericoloso sicario dilettante, in vacanza, producendosi in un gesto alquanto volgare.
“Se le cose continuano così, ancora un poker di film, sedici Caroselli, tre dischi azzeccati e ciau, mi ri-ti-ro! Stop con la musica leggera, torno al jazz, allo swing style hot club, anzi al jump!”
“E’ un progetto azzardato, Fred…”
“Storie! Scrivo dei pezzi nuovi, da fare invidia a Louis Jordan! Eclisseranno Buzz me baby, Caldonia, Choo choo ch'boogie, How Long Must I Wait for You! Dei signori arrangiamenti, partiture su misura per violino, e il gioco è fatto. Jimmy, ovviamente t’ingaggio, sei dei nostri! Mi manca sempre un pianista di classe. Che eleganza, che finezza, che stile, che fair play, sbanchiamo, te lo giuro!”
“Tu sogni! Verrebbero ad ascoltarci solo se ci chiamassimo, Le Mummie di Chicago!”
“Già, maledette mummie, il jazz non gli interessa, non capiscono un sarcofago!”
“Sono dei mostri e sai a cosa mi riferisco…”, disse Nancy, volteggiando per l’ultima volta. La musica si fermò per qualche secondo.
”Già, amici, il successo mi ha cambiato la vita; mi spiacerebbe perderla proprio adesso, sono così distratto ultimamente.”
Lilly Moreau uscì dall’ombra, sbucando dal nulla e avanzò verso il terzetto con falcata felina: “Niente paura, big shot, contiamo su di te” disse la creola seduttrice, dal patinato accento francese.
“Ciau bambola, non chiamarmi big shot, pezzo grosso; Lilly mi fai sentire un vero gangster! Lo sapevo che la maliarda, alla fine, sarebbe arrivata per liberarmi dal maledetto impiccio!”
Lo swing man era sorpreso dall’improvvisata. Non l’aveva invitata, ma Lilly era sempre la benvenuta.
“Jimmy sai chi è, ma voglio presentarti Nancy.”
“Non è necessario, abbiamo già avuto il piacere”, disse la donna.
“Eh già, tu conosci tutto il mondo e non invecchi mai: sembri una ragazzina, eppure da quella estate del ‘45 in Sardegna sono trascorsi… quindici anni, dico bene?”
“Esatto, ma il tempo non esiste, amico mio”, disse Lilly, con note lucenti.
“Forse per te.”
“Per me e per tutti quelli che lo meriteranno, prigioniero di guerra Ferdinando Buscaglione!“
“Presente!”, confermò, con un atteggiamento goliardico, portando la mano destra tesa alla fronte, i baffetti neri stirati sotto il naso dall’eccessiva rigidezza dei muscoli del viso.
”C’è poco da ridere, Fred, la guerra continua”, disse Lilly Moreau, “e la nostra lotta è d’importanza vitale per l’umanità…”
“Siamo stanchi di combattere, azzardò Fred, mentre gli amici approvavano, in silenzio, con eloquenti cenni della testa.”
“Anche io non ne posso più di questa storia infinita, iniziata in India, tra stupa, sudore, incenso e tanfo d’animali…”
“In una polvere di stelle vedo te, dolce sogno del mio cuor, astro d’or fulgido sei tu, bambina dai begli occhi blu…”, cantava slowly l’ottimo jazzista, dietro ad un massiccio microfono quadrato. L’ultimo chiarore del freddo giorno torinese s’era spento e la vasta terrazza del Florida Garden Roof, risuonava di swing, come d’estate. In Piazza Solferino, al quindicesimo piano del grattacielo splendevano le luci della ribalta; una pazzia alla Fred, quel giardino d’inverno, per celebrare l’arrivo di un amico d’oltreoceano.
Gli Asternovas, fenomenale reparto swing del grande Buscaglione, erano al completo. Jimmy Dash, jazzista americano di Davenport in trasferta, sorrideva sornione e beveva un bourbon di gran marca, ammirando la sua pupa, la piccola Nancy, che ballava con Fred. L’anno nuovo, il favoloso 1960, stava per iniziare in perfetto orario, accolto da un fondale di gran lusso: luci soffuse, sedie e tavolini eleganti, dondoli estivi, tovaglie bianche, bancone carico d’ogni bene, caviale, ostriche, champagne, tartufi… camerieri impeccabili e grandi bracieri per riscaldare il terrazzo.
Nancy frusciava nel suo vestito di chiffon e ruotava come una sufi portata dal vento armonico, mentre il vocalist di turno continuava: “… sei tutta adorna di riflessi e di splendore che fanno palpitare il cuor con tanto ardor, sì con tanto ardor…”
Si appartarono in un angolo, vicino al bar. “Ti costerà una bella cifra”, stabilì Jimmy in un sussurro, avvicinandosi alla coppia danzante.
“Il padrone del night club mi deve un paio di favori, e poi, Jimmy, adesso me ne frego dei soldi”, disse Fred, continuando a cingere teneramente la vita di Nancy, “sapete quanto guadagno?”
“No”, sibilò la ragazzina.
“La miseria è passata da un pezzo; solo per i concertini… due milioni a serata. In media faccio venticinque serate ogni mese”.
“Bags of money, Fred! Shit, I’ve missed the train! - Quanta lira, Fred! Merda, io ho perso il treno! - ”, sintetizzò Jimmy, pericoloso sicario dilettante, in vacanza, producendosi in un gesto alquanto volgare.
“Se le cose continuano così, ancora un poker di film, sedici Caroselli, tre dischi azzeccati e ciau, mi ri-ti-ro! Stop con la musica leggera, torno al jazz, allo swing style hot club, anzi al jump!”
“E’ un progetto azzardato, Fred…”
“Storie! Scrivo dei pezzi nuovi, da fare invidia a Louis Jordan! Eclisseranno Buzz me baby, Caldonia, Choo choo ch'boogie, How Long Must I Wait for You! Dei signori arrangiamenti, partiture su misura per violino, e il gioco è fatto. Jimmy, ovviamente t’ingaggio, sei dei nostri! Mi manca sempre un pianista di classe. Che eleganza, che finezza, che stile, che fair play, sbanchiamo, te lo giuro!”
“Tu sogni! Verrebbero ad ascoltarci solo se ci chiamassimo, Le Mummie di Chicago!”
“Già, maledette mummie, il jazz non gli interessa, non capiscono un sarcofago!”
“Sono dei mostri e sai a cosa mi riferisco…”, disse Nancy, volteggiando per l’ultima volta. La musica si fermò per qualche secondo.
”Già, amici, il successo mi ha cambiato la vita; mi spiacerebbe perderla proprio adesso, sono così distratto ultimamente.”
Lilly Moreau uscì dall’ombra, sbucando dal nulla e avanzò verso il terzetto con falcata felina: “Niente paura, big shot, contiamo su di te” disse la creola seduttrice, dal patinato accento francese.
“Ciau bambola, non chiamarmi big shot, pezzo grosso; Lilly mi fai sentire un vero gangster! Lo sapevo che la maliarda, alla fine, sarebbe arrivata per liberarmi dal maledetto impiccio!”
Lo swing man era sorpreso dall’improvvisata. Non l’aveva invitata, ma Lilly era sempre la benvenuta.
“Jimmy sai chi è, ma voglio presentarti Nancy.”
“Non è necessario, abbiamo già avuto il piacere”, disse la donna.
“Eh già, tu conosci tutto il mondo e non invecchi mai: sembri una ragazzina, eppure da quella estate del ‘45 in Sardegna sono trascorsi… quindici anni, dico bene?”
“Esatto, ma il tempo non esiste, amico mio”, disse Lilly, con note lucenti.
“Forse per te.”
“Per me e per tutti quelli che lo meriteranno, prigioniero di guerra Ferdinando Buscaglione!“
“Presente!”, confermò, con un atteggiamento goliardico, portando la mano destra tesa alla fronte, i baffetti neri stirati sotto il naso dall’eccessiva rigidezza dei muscoli del viso.
”C’è poco da ridere, Fred, la guerra continua”, disse Lilly Moreau, “e la nostra lotta è d’importanza vitale per l’umanità…”
“Siamo stanchi di combattere, azzardò Fred, mentre gli amici approvavano, in silenzio, con eloquenti cenni della testa.”
“Anche io non ne posso più di questa storia infinita, iniziata in India, tra stupa, sudore, incenso e tanfo d’animali…”